Il Seersucker è uno dei tessuti estivi più caratteristici, un classico dello stile newyorkese, che è tornato a riscuotere un certo successo anche in Europa. Utilizzato per pantaloni, camicie, giacche, pantaloncini e per abiti, lo si trova nei toni del blu, bianco e azzurro, ma anche in una gamma di altri colori e spesso in fantasia a quadri o a righe. Questo articolo contiene tutto ciò che serve sapere su questo tessuto dall’origine indiana: come è fatto, da dove viene, quando portarlo e soprattutto come.
Cos’è il seersucker
E' un tessuto estivo oggi realizzato alternando nella trama fili di cotone molto tesi a fili più morbidi: questo speciale metodo di tessitura conferisce al tessuto il suo tipico aspetto mosso e un po’ stropicciato. In effetti non è sempre stato realizzato così. In origine i fili utilizzati erano in pura seta e cotone, di conseguenza bastava bagnare il tessuto per far sì che il cotone si restringesse e la seta no, ottenendo così la caratteristica stropicciatura. Il particolare effetto spiegazzato, combinato alla leggerezza del tessuto in cotone, sono ciò che rende il seersucker un simbolo di freschezza per eccellenza, must-have in primavera e in estate. La morbidezza della trama genera infatti una maggiore distanza tra il tessuto e il corpo, permettendo così una maggiore circolazione d’aria tra il corpo e i vestiti.
Origine del nome
La parola seersucker è inglese, non esiste un corrispettivo in italiano. Il termine passa attraverso l’hindi e ha origine dal sanscrito क्षीरशर्करा (kshirsharkara) e anche dalle parole persiane shîr (شیر) e shakar (شکر), che letteralmente significano “latte e zucchero”. È un chiaro riferimento al tono bicolore della stoffa e alla sua superficie un po’ liscia e un po’ arricciata: il nome riflette la somiglianza fra strisce lisce e ruvide che caratterizzano il tessuto, e rispettivamente la consistenza liscia del latte e la trama irregolare dello zucchero.
Da dove viene
Il seersucker fu portato in Europa dalla Compagnia delle Indie Inglesi, nel XVIII secolo. In Inghilterra forse per il clima poco adatto, non si diffuse molto, bensì veniva utilizzato dalle classi sociali superiori durante i loro viaggi in Italia, durante i safari in Kenya o nelle lunghe vacanze nelle colonie Inglesi del nord America. Si racconta che si iniziò ad utilizzare questo particolare tessuto anche in alcune occasioni ufficiali, dopo che nel 1903 Joseph Guerney Cannon, politico statunitense, si presentò al presidente Roosvelt con un abito in seersucker. Quando gli venne chiesto cosa lo avesse spinto a rompere il protocollo della formalità rispose: “Era una giornata davvero molto calda”. Da questo già si intravede il suo utilizzo nell'ambito dell'eleganza classica.
Vestibilità
Questo trionfo di comodità e leggerezza va indossato con attenzione dato il suo grado di informalità e il suo aspetto così particolare. Il consiglio è quindi di optare per uncapo sartoriale, possibilmente su misura. Questo eviterà l’effetto trasandato tipico di certi capi in taglia che, abbinato all’aspetto stropicciato del tessuto, darebbe un risultato molto poco elegante.
Come e quando si indossa
Un po’ esotico, affatto banale, elegante e casual al tempo stesso: un abito, un blazer o una camicia seersucker sono dei capi originali, ma piuttosto facili da portare. Ecco qualche dritta su come indossarli. Considerata la sua componente di informalità, vestire un abito seersucker in ufficio non è proprio l’ideale. Più facile indossarlo per un aperitivo, una cena informale o un cocktail, prediligendo i toni del blu o marrone, con stringate lucide in abbinato. Se non avete mai indossato questo tessuto prima d’ora, un buon punto di partenza può essere l’abbinamento giacca seersucker a righe, camicia bianca button-down, pantalone blu navy e mocassini. Un look classico che si adatta alla città così come alle gite fuoriporta. Le camicie in seersucker non sono oggettivamente il massimo della formalità, per questo le sconsiglio, ma una volta divenuti esperti possono essere delle fide alleate, se abbinate ad un paio di chinos a contrasto, per dei viaggi esotici.
credits: Lanieri
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